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Seminare il futuro dell’agricoltura italiana – Un nuovo centro svilupperà tecnologie per rendere la produzione alimentare più resistente ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni.

Il settore agricolo italiano contribuisce al prodotto interno lordo per circa 35 miliardi di euro (2,2% del totale), ma la produzione è in calo da anni. L’Italia ha recentemente perso la leadership europea a favore della Francia in termini di valore aggiunto agricolo ed è scivolata dal secondo al terzo posto in quanto a valore della produzione, dietro a Francia e Germania.

L’aumento dei costi dovuti all’inflazione, la riduzione dei finanziamenti pubblici, l’intensa siccità e la scarsità d’acqua sono tra le cause del calo della produzione: il 2022 e il 2023 sono stati rispettivamente l’anno più caldo e quello più secco mai registrati nel Paese. Gli agricoltori, che vedono calare i loro redditi, si sono uniti ai loro colleghi in tutta Europa nelle proteste di piazza degli ultimi mesi. Tra le altre cose, sono preoccupati per le politiche dell’UE volte a mitigare i cambiamenti climatici. L’UE vuole ridurre l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente: in Italia, ad esempio, le aziende agricole contribuiscono al 7% delle emissioni di gas serra del Paese e utilizzano più del 50% dell’acqua disponibile. Gli agricoltori temono che le misure per ridurre le emissioni di carbonio e l’uso di pesticidi si rivelino troppo costose per loro.

In questo contesto di crisi, il Centro Nazionale di Ricerca per le Tecnologie dell’Agricoltura (Agritech) mira a proporre soluzioni innovative per aiutare sia gli agricoltori che l’ambiente. Con un budget stimato di 477 milioni di euro, Agritech è il più grande dei cinque centri nazionali lanciati nel 2023 con i finanziamenti del programma Next Generation Europe dell’UE. A regime avrà circa 2.000 ricercatori, tra cui 300 nuovi dottori di ricerca e postdoc. “Il nostro centro offrirà agli agricoltori e alle aziende agroalimentari un punto di riferimento unico per la ricerca e le tecnologie in agricoltura“, afferma Matteo Lorito, rettore dell’Università di Napoli Federico II e presidente della Fondazione Agritech, l’hub che coordina i dieci spoke del centro. Il consorzio raggruppa 51 partner, tra cui 28 università e importanti aziende, come Nestlé e Bonifiche Ferraresi.

È un’opportunità per portare l’Italia all’avanguardia nella ricerca e nelle soluzioni per l’agricoltura in Europa e nel mondo“, afferma Danilo Ercolini, microbiologo e direttore scientifico della Fondazione Agritech di Napoli.

Uno dei pilastri della ricerca del centro, e tema di uno spoke guidato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), è l’uso della genetica per sviluppare colture, bestiame e microbi con una migliore resilienza ai climi estremi e che utilizzano meno risorse. Stefania Grillo, genetista del CNR di Portici (Napoli), studia varietà di pomodoro che non necessitano di irrigazione. L’Italia è attualmente il secondo produttore di pomodori da industria al mondo dopo gli Stati Uniti, ma la futura scarsità d’acqua potrebbe far calare i livelli di produzione di quasi il 20% entro il 2050. “Se riuscissimo a identificare i geni regolatori che riducono il fabbisogno idrico dei pomodori del 10%, potremmo aiutare l’Italia a mantenere la sua leadership nel settore delle conserve di pomodoro riducendo al contempo l’uso di risorse“, afferma Grillo. La genetista ha identificato e caratterizzato alcuni geni che regolano l’assunzione di acqua e ora conta di apportare modifiche specifiche al DNA delle piante utilizzando nuove tecniche genomiche (NGT) come il CRISPR/CAS 9.

La genetica è importante anche per lo spoke sui sistemi di allevamento intensivo, coordinato dall’Università della Tuscia di Viterbo. Le emissioni da bestiame sono lentamente diminuite nell’ultimo decennio, grazie a sistemi di produzione più efficienti, ma l’allevamento intensivo è ancora responsabile di circa l’80% di tutte le emissioni agricole di metano e ammoniaca. “Per ridurre le emissioni del bestiame dobbiamo iniziare a misurare direttamente i livelli individuali di metano, mentre la maggior parte delle analisi si basa oggi su modelli“, spiega Nicola Lacetera, scienziato animale e coordinatore del progetto.

I ricercatori del centro stanno testando prototipi per la misurazione diretta delle emissioni e strumenti per la misurazione indiretta, come il calcolo delle emissioni dalla composizione chimica degli acidi grassi nel latte di pecore e mucche. Un altro obiettivo è quello di trovare rimedi naturali dalle piante per rendere gli animali più sani e resistenti alle malattie e al calore, riducendo così l’uso di antibiotici.

Un altro spoke è interamente dedicato alla raccolta di immagini da satelliti e droni e alla loro analisi con l’intelligenza artificiale. Le immagini da remoto possono fornire indicazioni sull’idratazione del suolo, sulla salute delle colture e sulla presenza di erbe infestanti da estirpare. Questi dati possono consentire agli agricoltori di adottare trattamenti localizzati, riducendo così l’uso delle risorse e l’impatto ambientale.

La sfida principale per il centro, secondo Ercolini, sarà quella di trasferire le innovazioni derivanti dalla nuova ricerca e convincere gli agricoltori ad adottarle. “L’agricoltura italiana è in ritardo nell’adozione della tecnologia“, afferma. A parte poche grandi aziende agricole, la maggior parte di quelle piccole, soprattutto al Sud, non riesce ad adottare nuove tecnologie. “Le loro priorità sono i problemi quotidiani, come l’approvvigionamento e la produttività“, aggiunge Ercolini. Il Centro sta investendo circa 80 milioni di euro in iniziative di trasferimento tecnologico. Una di queste, l’Accademia Agritech a Napoli, forma ogni anno 40 studenti destinati a diventare consulenti degli agricoltori sulle nuove tecnologie. Nel luglio 2023 le principali università del centro hanno lanciato Farming Future, un hub nazionale di trasferimento tecnologico che nei prossimi 3 anni finanzierà 20 tecnologie pilota e 18 start-up con un budget totale di 20 milioni di euro. Il centro sta anche lanciando partnership tra università e aziende agricole che mirano a co-creare e testare esperimenti nelle imprese agricole. “In un modo o nell’altro, dobbiamo portare l’innovazione agli agricoltori“, afferma Ercolini.

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